spazio pubblico e partecipazione


Lo spazio conteso



La città di Varese è confrontata con la complessità espressa da una composizione sociale e culturale della sua popolazione sempre più composita. Gli spazi pubblici all’interno del tessuto urbano stanno diventando oggetto di una contesa relativamente alle differenti modalità d’uso attuate dai vari gruppi dei quali si compone la popolazione. Tra la primavera e l’estate 2010 nella città di Varese sono emersi una serie di casi nei quali lo spazio pubblico si presentava come  oggetto di una contesa.Per prima fu l’iniziativa dell’amministrazione comunale di eliminare due panchine in viale Milano, in prossimità di un phone centre molto utilizzato dagli abitanti del quartiere a forte connotazione multietnica.  A questa eliminazione si aggiunse anche quella delle attrezzature per barbecue che da anni erano state introdotte in un parco pubblico estremamente frequentato per la sua vicinanza al lago. Con la motivazione della prevenzione degli incendi, si toglieva a molti gruppi di frequentatori, tra i quali numerosi sono gli stranieri, la possibilità organizzare pranzi all’aperto e si privava il parco la sua connotazione di punto di aggregazione.  Da ultimo si scoprì che nel piano delle alienazioni comunali era finito anche il campo da calcio e parco giochi inserito nel quartiere popolare di viale Valganna, unica area verde di tutto un settore urbano densamente popolato e, anche in questo caso, a forte connotazione multietnica.Ma la polemica su l’utilizzo degli spazi pubblici come luogo di ritrovo per gruppi di stranieri era da tempo strisciante e si era dapprima concentrata su piazza della Repubblica, frequentata prevalentemente da giovani maschi nord africani, ma anche su piazza XX Settembre, ormai tradizionale raduno di donne dell’est europeo. Nel primo caso qualcuno volle porre l’attenzione sul fatto che quelle presenze esclusivamente maschili potessero essere potenzialmente  pericolose “per le nostre donne”, nel secondo caso invece l’accento era posto sulla concentrazione in uno spazio pubblico ridotto di un numero considerevole  di “stranieri” (senza distinzione di genere). Gli abitanti del quartiere di viale Valganna decisero immediatamente di organizzarsi per difendere il loro verde pubblico e formarono un comitato che raccolse firme e mobilitò la stampa locale.Avviare un lavoro di documentazione sugli spazi pubblici della città di Varese visti con gli occhi di chi li utilizza è l’obiettivo del progetto Lo spazio conteso.  Per far questo il mezzo più efficace è stata ritenuta la realizzazione di un audiovisivo, presentato il 26 novembre 2011 nella rassegna di cinema a contenuto sociale “Un posto nel mondo”, organizzata da Filmstudio 90. L’obiettivo del progetto è di descrivere come la crescente complessità della comunità varesina si esprima attraverso i diversi modi d’intendere lo spazio pubblico, sia dal punto di vista socio-culturale, sia da quello politico-amministrativo. Il coinvolgimento di diverse competenze disciplinari, rappresentata da un gruppo di lavoro composto da un’urbanista e da esperti in cinema e in comunicazione, favorisce chiavi di letture multiple sulle problematiche relative allo spazio pubblico ed è in grado di rappresentare in diversi modi le contese che su di esso si esercitano grazie alle potenzialità comunicative proprie di un prodotto multimediale.
Il progetto è stato presentato alla Biennale dello Spazio Pubblico – sezione Abitare al Femminile, promossa dall’Istituto Nazionale di Urbanistica del Lazio, dall’Università degli Studi Roma Tre e dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, e tenutasi a Roma, presso la Casa dell’Architettura, dal 12 al 14 maggio 2011.



Pianificazione urbanistica e partecipazione dei cittadini: le buone intenzioni ed un esempio concreto



 L’articolo 13  della legge regionale 12/2005, che disciplina le forme di governo del territorio introduce alcune forme di partecipazione dei cittadini e dei portatori d’interesse alla formazione dei Piani di Governo del Territorio.  Il comma 2 recita: Prima del conferimento dell’incarico di redazione degli atti del PGT, il comune pubblica avviso di avvio del procedimento su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale e sui normali canali di comunicazione con la cittadinanza, stabilendo il termine entro il quale chiunque abbia interesse, anche per la tutela e gli interessi diffusi, può presentare suggerimenti e proposte. Il comune può , altresı`, determinare altre forme di pubblicità e partecipazione, e al comma 3 viene stabilito che Prima dell’adozione degli atti di PGT il comune, tramite consultazioni, acquisisce entro trenta giorni il parere delle parti sociali ed economiche.
Pratiche diverse tra loro, quali la comunicazione, l’acquisizione di pareri, la presentazione di suggerimenti e proposte e la consultazione delle parti sociali. vengono accomunate nella stessa dizione di partecipazione, per favorire la quale in comune può anche prevedere l’adozione di non meglio specificate “altre forme”.
La forma più utilizzata di partecipazione nella redazione dei PGT, almeno nella pratica corrente dei comuni che si sono fin qui cimentati con il PGT, è però la raccolta di suggerimenti e proposte in forma scritta entro un termine stabilito, strumento molto agevole per i portatori d’interessi particolari grazie al quale costoro possono comunicare, ad esempio, la disponibilità a  rendere edificabile un certo terreno di loro proprietà, di trasformare un’area industriale sottoutilizzata o dimessa in un complesso edilizio polifunzionale o di far rientrare nell’ambito urbano una azienda agricola che si trova ai suoi margini, sostituendo le stalle con l’edilizia residenziale.
Meno agevole è questo strumento per i quei soggetti che si prefiggono di tutelare gli interessi diffusi, come le associazioni di difesa dell’ambiente o di promozione sociale, poiché dovrebbero essere in grado di formulare una proposta che riguarda l’intero assetto del territorio comunale e per fare ciò c’è bisogno di una base di conoscenze e di competenze non sempre disponibili. La permessa della partecipazione è infatti la definizione di un quadro conoscitivo condiviso, grazie al quale l’amministrazione comunale e la popolazione possono scegliere cosa è meglio per la loro comunità e definire le ricadute sull’ambiente, sulla società e sul tessuto economico delle loro scelte. Questo aspetto dovrebbe essere l’elemento centrale del processo di Valutazione Ambientale Strategica del Piano che dovrebbe essere avviato contestualmente alla sua redazione. Tuttavia gli esempi che ci hanno fornito i comuni lombardi che hanno approvato il PGT delinea la VAS “ancella” del Piano e non “guida”, come essa dovrebbe essere secondo la Direttiva Europea che l’ha istituita. La cosa non è sfuggita al TAR della Lombardia che, dovendo esprimersi sulla legittimità del processo di adozione di un PGT, ha rilevato che la procedura di VAS, così come è stata definita dalla Regione Lombardia, non è abbastanza indipendente rispetto al processo di redazione del PGT e l’ha invalidata. La Regione si è appellata al Consiglio di Stato per rivendicare la legittimità del procedimento seguito fino ad ora, ma se perderà il riscorso tutti i comuni dovranno rifare la VAS e ri-adottare i PGT secondo criteri di maggiore indipendenza e parità tra questi due strumenti.
Questi aspetti di debolezza nel rapporto tra lo strumento di pianificazione e quello di valutazione mettono in causa proprio l’efficacia delle forme di partecipazione. Partecipare senza conoscere e senza poter valutare con strumenti adeguati (a questo serve appunto la VAS) è impossibile e mistificatorio, ma fino ad ora non ha suscitato nessuna indignazione il fatto che la maggioranza delle amministrazioni comunali si sia limitata ad invitare i cittadini a partecipare ad assemblee in cui li si informava di scelte già prese, chiedendo agli estensori della VAS di fornire anche una “oggettiva” motivazione della loro bontà. Rispetto a questa banalizzazione del concetto di partecipazione, ormai coincidente con quello di audizione, al quale non sfugge nemmeno la consultazione della parti sociali prevista dal comma 3 dell’articolo 13 della legge 12/2005, è però il caso di segnalare qualche esempio in controtendenza, come il non recente caso di una iniziativa promossa dal comune di Carnago  (VA) nel 2004, con la quale i cittadini sono stati chiamati a partecipare alla individuazione delle linee guida per riqualificazione di un’area dismessa del centro storico. Il comune ha promosso una ricerca, intitolata “Definizione del quadro conoscitivo propedeutico alla partecipazione del pubblico al progetto di riqualificazione di un ambito del centro storico di Carnago” ed i suoi esiti sono stati presentati alla cittadinanza nel corso di quattro incontri pubblici, durante i quali sono state raccolte le proposte progettuali dei cittadini.
Gli esiti della ricerca e del processo partecipativo sono stati  poi sintetizzati in un documento finalizzato a favorire il processo decisionale dell’amministrazione comunale.
Il comune di Carnago ha però rimandato la decisione su come riqualificare quell’area nell’ambito della redazione del PGT, sulle cui forma di partecipazione nulla per ora è dato sapere.
Resta quindi compito dei cittadini e delle loro associazioni rivendicare il diritto a partecipare, nelle forme più ampie ed articolate possibile e avendo una base comune di conoscenze messa a disposizione dalla VAS, stimolando i comuni ad una corretta e non banale applicazione di quanto previsto dalla legge regionale sul governo del territorio.

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